In Italia il 28% della popolazione è
composta di analfabeti funzionali. A certificarlo un recente studio realizzato
dal PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies),
un programma ideato dall'OCSE, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico.
Ma chi sono gli analfabeti
funzionali? L'UNESCO definisce dal 1984 l'analfabetismo funzionale come la
condizione di una "persona incapace di comprendere, valutare, usare e
farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società,
per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e
potenzialità". Il termine fu coniato all'interno di un'indagine sui nuclei
familiari svolta dalle Nazioni Unite nel 1984. Tale definizione fu introdotta
per sopperire alle necessità dell'UNESCO di un concetto di alfabetizzazione
complementare a quello di alfabetizzazione minima introdotta dall'agenzia nel
1958. Infatti, all'interno della stessa indagine veniva sollevata la questione
delle campagne di alfabetizzazione di massa, suggerendo che esse avrebbero
dovuto mirare a standard di alfabetizzazione più elevati del semplice saper
leggere e scrivere, e concentrandosi sullo sviluppo della capacità di saper
utilizzare tali competenze nelle relazioni fra sé e la propria comunità e le
situazioni socioeconomiche della vita.
In parole più semplici si può dire
che l'alfabetizzazione funzionale rappresenta un livello più elevato di
alfabetizzazione, più orientata al mondo del lavoro e all'uso continuativo
dell'abilità di lettura e scrittura. L'obiettivo principale di tali competenze
non è il raggiungimento di un dato strumentale (il saper leggere e scrivere),
ma l'utilizzo di tale capacità per partecipare attivamente ed efficacemente a
tutte quelle attività che richiedono un certo livello di conoscenza della
comunicazione verbale.
A differenza dell'analfabeta
strutturale, l'analfabeta funzionale sa leggere, scrivere e contare ma non
capisce quello che legge o meglio, non possiede gli strumenti analitici e
critici per comprendere a fondo ciò che legge, ascolta o apprende,
trasformandolo in qualcosa di utile per il suo agire sociale e la sua attività
lavorativa. Non si tratta quindi (solo) di leggere un manuale senza capirlo, ma
di non avere gli strumenti adatti a formarsi un'idea propria e originale del
mondo circostante e delle sue dinamiche. Dallo studio emerge che noi siamo al
quarto posto nel mondo, dopo Indonesia (69%), Cile (53%) e Turchia (47%) e a
pari posizione con Spagna e Israele, mentre la Grecia ci segue, ma solo per un
punto percentuale (27%). Insomma un triste primato su cui riflettere quando si
parla di fake news (leggi qui cosa sono e come riconoscerle) e manipolazione
dell’informazione. Osservando ancora i dati forniti da PIAAC apprendiamo che la
maggior parte dei nostri connazionali privi di adeguati strumenti di decodifica
del mondo vivono in egual misura al Sud (30.3%) e al Nord, specificamente nel
Nord Ovest (30.2%), mentre dal punto di vista dell'età la percentuale sale man
mano che dalla fascia dei 16-24 anni ci si avvicina ai 50, con gli over 55 che
ne rappresentano la massima percentuale (42.50%).
Il dato è a dir poco allarmante: in
un mondo in cui 260 milioni di bambini non hanno accesso ad alcuna
istruzione,un italiano su tre non sa decifrare il mondo intorno senza una
semplificazione o un'intermediazione. Ancora più preoccupante è che queste
persone hanno comunque avuto un'istruzione. Se una volta si parlava di
analfabetismo di ritorno, cioè di adulti che dimenticavano molte nozioni, ora
siamo di fronte a un fenomeno che pare più organico e generalizzato. Si esce
dalle scuole con strumenti già insufficienti ad affrontare la società. Il
problema dell'analfabetismo non è solo un fattore culturale, è ancor di più
un'emergenza sociale e politica che deve essere affrontata. Ci troviamo infatti
di fronte a ciò che Tullio De Mauro, il più grande linguista dei giorni nostri,
definiva già negli anni ‘90 "un processo di atrofizzazione del sapere
costante e lievitante". Con la diffusione dei social networks il fenomeno
sembra essere esploso fino a divenire una evidente piaga sociale che
inevitabilmente si riverbera sulla società in cui viviamo. Ad ognuno di noi
sarà capitato di imbattersi in un analfabeta funzionale e rimanere sconvolto
davanti ad un’ignoranza talmente palese da farti passare la voglia di
controbattere ed argomentare.
Non c’è nulla di più sbagliato… Solo
così infatti si può combattere questo fenomeno: basta contrapporre la cultura
all’ignoranza per provare a scardinare quelle teorie e supposizioni sbagliate e
stimolare nuove conoscenze e nuovi orizzonti culturali.
Vi sembra facile? Non lo è per niente
in realtà. Sarebbe più semplice non smettere mai di stimolare la propria
conoscenza, di allenare la propria mente e di essere curiosi di scoprire cose
nuove.
Impegniamoci tutti in tal senso. Solo
così potremmo costruire un mondo migliore!
#Mollichellaontheroad
Functional illiterates... An all-Italian drama!
In
Italy, 28% of the population is composed of functional illiterates. This was
certified by a recent study carried out by the PIAAC (Program for the
International Assessment of Adult Competencies), a program devised by the OECD,
the Organization for Economic Cooperation and Development.
But
who are the functional illiterates? Since 1984, UNESCO has defined functional
illiteracy as the condition of a "person incapable of understanding,
evaluating, using and getting involved in written texts to participate actively
in society, to achieve their goals and to develop their knowledge and potentiality". The term was
coined within a survey about family units carried out by the United Nations in
1984. This definition was introduced to meet the needs of UNESCO for a concept
of literacy complementary to that of minimum literacy introduced by the agency
in 1958. In
fact, within the same survey the issue of mass literacy campaigns was raised,
suggesting that they should aim at higher literacy standards than simply
knowing how to read and write, and focusing on developing the ability to know
how to use these skills in relationships between oneself and one's own
community and the socio-economic situations of life.
In
simpler words it can be said that functional literacy represents a higher level
of literacy, more oriented to the job world and the continued use of reading
and writing skills. The main objective of these skills is not the achievement
of an instrumental data (the ability to read and write), but the use of this
ability to actively and effectively participate in all those activities that
require a certain level of verbal communication knowledge.
Unlike
the structural illiterate, the functional illiterate can read, write and count
but does not understand what he reads or better, does not have the analytical
and critical tools to fully understand what he reads, listens to or learns,
turning it into something useful for his social action and his work activity. It is
therefore not (only) to read a manual without understanding it, but it means to
don’t have the right tools to have a proper and original idea of the
surrounding world and its dynamics. The study shows that we are fourth in the world, after
Indonesia (69%), Chile (53%) and Turkey (47%) and at the same position with
Spain and Israel, while Greece follows us but only for a percentage point
(27%). Shortly, a sad record on which to reflect when talking about fake news
(read here what they are and how to recognize them) and manipulation of
information. Looking
again at the data provided by PIAAC, we learn that most of our compatriots
without adequate decryption tools of the world live equally in the South
(30.3%) and in the North, specifically in the North West (30.2%), while from
the point of view of the age the percentage rises as from the 16-24 age range
approaching 50, with over 55 who represent the maximum percentage (42.50%).
The
figure is alarming to say the least: in a world where 260 million children have
no access to education, one Italian in three cannot decipher the world around without
simplification or intermediation. Even more worrying is that these people have
nevertheless had an education. If once we were talk of illiteracy of return, that is,
of adults who forgot many notions, now we are dealing with a phenomenon that
seems more organic and generalized. We finish the schools with tools already
insufficient to face the society. The problem of illiteracy is not just a
cultural factor, it is even more a social and political emergency that must be
addressed. In fact, we are faced with what Tullio De Mauro, the greatest
linguist of our times, already defined in the 1990s "a process of
atrophization of constant and leavening knowledge". With the spread of
social networks, the phenomenon seems to have exploded until it becomes an evident
social scourge that inevitably reverberates on the society in which we live. To
each of us it will happen to run into a functional illiterate and be upset in
front of such an obvious ignorance to make your desire to argue and rebut go
away.
There
is nothing more wrong ... Only in this way can we fight this phenomenon: opposing
culture to ignorance it’s enough to try to undermine those wrong theories and
assumptions and stimulate new knowledge and new cultural horizons.
Does
it seem easy? It is so not at all in reality. It would be simpler never to stop
stimulating your knowledge, to train your mind and be curious to discover new
things.
Let's
all commit ourselves to do so. Only in this way we could build a better world!
#Mollichellaontheroad
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